top of page

Stress, infiammazione e sistema immunitario

  • Immagine del redattore: Andrea B.
    Andrea B.
  • 25 mar 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

E’ un momento difficile, lo sappiamo.

L’emergenza Covid-19 ci ha travolti come un pugno in pieno volto, lasciandoci lì, ancora increduli per la portata del problema.

Tutti noi sportivi dobbiamo fare la nostra parte, seguendo le direttive che ci vengono imposte e limitandoci a restare a casa. Non è poi la fine del mondo, dai!

In questo contesto, indubbiamente, abbiamo tutti più tempo a disposizione per portare avanti dei progetti diversi.

Per esempio, noi abbiamo avuto il tempo per dare vita ad una rubrica un po’ particolare.

Quello che inizia oggi, vuole essere una sorta di un manuale d’istruzioni della “macchina uomo”.

Noi sportivi amatoriali, corriamo spesso il rischio di commettere un errore enorme: pensare che le nostre prestazioni siano influenzate unicamente dalla mole di allenamento che riusciamo a “mettere nelle gambe”.

Il nostro ragionamento è semplice: più chilometri faccio, più andrò forte.

Niente di più sbagliato.

Negli sport di fondo come il nostro l’allenamento è fondamentale, d’accordo.

Ma allo stesso livello c’è la cura di quella meravigliosa macchina chiamata corpo umano.

Per carità, non credete a chi va forte e vi dice che non si allena.

In linea di massima, chi va più forte di voi è perché si allena più di voi. Ma non solo.

Nella stragrande maggioranza dei casi, chi vedete sfrecciare accanto a voi con la faccia di chi “non sente la catena”, non si limita ad allenarsi più di voi. Questi atleti mangiano meglio di voi, dormono meglio, si allenano meglio e si riposano meglio. In poche parole si ascoltano.

Parlo sempre e comunque di amatori.

Poi per carità, a parità di condizioni, ci sarà sempre chi va più forte, ma con Madre Natura non si può discutere!

Quello che ci proponiamo di fare, insieme a Marco Venditti, è di andare ad analizzare tutte le sfaccettature che influenzano la nostra prestazione.

Marco, prima di tutto, è un osteopata “con la O maiuscola” con la passione per la macchina uomo.

Poi, proprio come tutti noi, è uno sportivo amatoriale, quindi conosce bene la nostra “malattia”.

Non prendete la nostra rubrica come la Bibbia, ma utilizzatela come spunto per fare un viaggio dentro voi stessi, per conoscervi meglio. E magari vi sarà utile per imparare ad ascoltare i segnali che il nostro corpo ci manda e che noi troppo spesso facciamo finta di non sentire.

Personalmente, ho conosciuto Marco un paio d’anni fa.

Ero devastato da un paio di ernie del disco e da una sciatica infiammata che non mi faceva dormire.

Problemi derivanti da un carico di lavoro esagerato e da una serie di leggerezze alle quali lì per lì non diedi peso: una messa in sella non perfetta, uscite di scarico che non erano scarico, riposo inesistente e così via.

Dopo essermi affidato alla medicina tradizionale senza ottenere il minimo risultato, sono stato presentato a Marco da un comune amico.

Lì è iniziato un lungo percorso di riabilitazione che mi ha portato a tornare in sella più forte di prima. E per la prima volta in 25 anni di vita da sportivo, ho iniziato ad ascoltarmi.

In tanti anni, equamente divisi tra sci alpino, calcio a 5 e ciclismo, avevo fatto sempre lo stesso errore: più forte mi alleno, più tempo ci dedico e più sarò competitivo mi dicevo.

E allora via con allenamenti massacranti senza ascoltare il mio fisico.

Ma noi non siamo d’acciaio (io no di sicuro!) e quindi a forza di tirare, prima o poi la corda si spezza.

Onestamente, devo quasi ringraziare quelle due ernie. Mi hanno permesso di diventare un atleta migliore e di dare il giusto peso alle cose.

Ho smesso di “intossicarmi” di chilometri, prediligendo la qualità alla quantità, dando importanza ai segnali e alle sensazioni che il mio corpo mi mandava.

La mia esperienza è simile a quella di molti altri sportivi, amatori e non, e sono sicuro che anche qualcuno di voi lettori si ritroverà in un percorso di questo tipo.

Quello che speriamo di fare è di dare a tutti voi alcuni strumenti utili per affrontare al meglio gli allenamenti inseriti in un contesto più ampio come quello della vita di tutti i giorni.

E ricordate la cosa più importante: per quanto forti siate, per quanto riusciate ad andare forte in bici… siamo tutti amatori!

Non mi resta che cedere la parola a Marco e ringraziarlo per la sua disponibilità.

Buona lettura

Giancarlo Albiero

Stress, infiammazione e sistema immunitario

L’essere umano moderno appartiene al genere Homo sapiens, definizione tassonomica per descrivere questa creatura comparsa circa 300000 anni fa nell’attuale Africa Orientale. Anche se si è considerato a lungo un essere a sé rispetto agli altri animali, esso appartiene ad una famiglia ben più vasta, quella delle grandi scimmie. I nostri parenti più prossimi sono gli scimpanzè. Circa 6 milioni di anni fa una donna scimpanzè diede alla luce due figlie, una fu la progenitrice di tutti gli scimpanzè, l’altra nostra nonna.

L’evoluzione degli umani ebbe luogo per la prima volta in Africa orientale circa due milioni e mezzo di anni fa da un precedente genere di scimmia chiamata Australopithecus. Da lì, a seconda delle diverse aree geografiche e dalle caratteristiche dei luoghi, si svilupparono varie specie di Sapiens che per lunghi millenni si divisero la faccia del nostro pianeta. In Europa e in Asia i Neanderthalensis, nell’ Asia orientale l’Homo Erectus, sull’isola di Giava i Soloensis, sull’isola di Flores i Floresiensis, in Siberia l’Homo Denisova, l’Homo Rudolfensis e Ergaster: seppur diverse tra di loro tutte queste specie sfoggiavano, a differenza degli altri mammiferi, un cervello di 1200-1400 centimetri cubi che assorbiva circa il 25% delle loro energie corporee. Questo rappresentò per lungo tempo un enorme peso più che un vantaggio.

Infatti fino a tempi recenti la posizione dei Sapiens nella catena alimentare era rimasta stabilmente su un piano mediano, per millenni hanno cacciato piccole creature e raccolto quel che potevano, stando ben attenti ai predatori più grandi per i quali rappresentavano una comoda preda.

Solo 100000 anni fa Sapiens si piazzò sulla vetta della catena alimentare con sconvolgenti conseguenze su tutto l’ecosistema del nostro pianeta.

Per capire la nostra natura e psicologia dobbiamo metterci nei panni dei nostri antenati cacciatori e raccoglitori: per quasi tutta la storia della nostra specie, i Sapiens si procuravano il cibo proprio in questa maniera. Infatti gli ultimi duecento anni, durante i quali un numero sempre più crescente di Sapiens ha guadagnato il proprio pane quotidiano lavorando nei centri urbani e negli uffici, e i precedenti 10000 anni, durante i quali han vissuto in comunità di agricoltori e pastori, non sono che un battito di ciglia se confrontati con le decine di migliaia di anni durante i quali i nostri antenati si limitarono a cacciare e a raccogliere prodotti spontanei (Harari 2019). Molte caratteristiche sociali e psicologiche del nostro tempo si sono modellate nel corso di questa lunga era preagricola. Ancora oggi le nostre menti sono adattate ad un ambiente ostile, dove il cibo era una risorsa rara, reperibile con difficoltà, ed erano innumerevoli le minacce da parte dei predatori e della natura circostante.

Tanto le nostre abitudini alimentari, derivate dal vivere in un mondo obesogeno dove il cibo è una risorsa abbondante, quanto i nostri conflitti e la nostra sessualità derivano dal modo in cui le nostre menti da cacciatori raccoglitori interagiscono con l’attuale ambiente post-industriale, con megalopoli, areoplani, telefoni e computer. Tale ambiente ci offre maggiori risorse materiali e vite più lunghe rispetto a tutte le generazioni che ci hanno preceduto, ma spesso ci fa sentire alienati, depressi e sotto pressione. Il nostro sistema di allerta viene continuamente attivato dal mondo circostante avvertito a livello inconscio come minaccia, il che si traduce in termini neurobiologici con una eccessiva attivazione dell’asse dello stress.

La risposta si basa su tre circuiti: l’asse ipotalamo-ipofisi-corteccia del surrene con la mediazione degli ormoni RCH-ACTH-cortisolo; l’asse ipotalamo-sistema nervoso simpatico-midollare del surrene; il circuito ipotalamo-neuroipofisi (Figura 1.1). Tra i tre l’asse neuroendocrino HPA (Hypothalamus-Hypophysis-Adrenal), svolge certamente un ruolo centrale, poiché gli ormoni che libera hanno effetti sistemici rilevanti. (Bottacioli 2017). La risposta di stress è attivata da tutti i fattori dell’ambiente esterno e interno dell’organismo e, quando fisiologica, consente di affrontare con le opportune risorse quegli stessi eventi, generalmente definiti stressor.


Quello che nel mondo arcaico era un efficientissimo sistema di difesa e ci permetteva di metterci in salvo dalle minacce del territorio, attivandosi per il tempo necessario alla fuga o all’inevitabile morte, diventa invece dannoso per il nostro cervello quando si protrae nel tempo. Le ricerche del gruppo di McEwen (McEwen 2013) mettono in luce come la cronicizzazione di questo fenomeno porti ad un’alterazione della dinamica immunitaria, causandone soppressione e/o deregolazione, che può essere all’origine di numerose e importanti patologie in cui il sistema immunitario svolge un ruolo essenziale. Un’eccessiva attivazione si traduce in un aumento dei livelli di infiammazione del corpo con ripercussioni su tutti i livelli e favorendo malattie apparentemente non correlabili, in primis l’obesità ed il diabete che rappresentano sempre più un’urgenza nel mondo attuale (Crhousos 2012).

Va da sé che nello sportivo, soprattutto non professionista, la gestione dei carichi di lavoro e dei vari stressor debba essere regolata al meglio al fine di ottimizzare la performance ed evitare di andare incontro a infortuni o problematiche di varia natura infiammatoria.

In questo particolare momento storico si rende ancora più importante mantenere il nostro sistema immunitario quanto più integro ed efficiente possibile, così che il nostro organismo sia in ogni momento pronto a rispondere e respingere le minacce che ci giungono dal mondo esterno.

I fattori su cui potremo agire al fine di ridurre l’infiammazione e ottimizzare l’efficienza del nostro sistema immunitario sono:

● Alimentazione

● Sonno

● Gestione dei carichi di allenamento

● Tecniche di meditazione e concentrazione

● Rete sociale

● Esposizione alla luce solare

Cercheremo di sviluppare tali punti al fine di creare un efficace vademecum per prepararci al meglio alla ripresa della stagione agonistica e tornare quanto prima a godere la natura che ci circonda in sella alle nostre bici.


Marco Venditti

Comments


bottom of page