MATTEO ZANNI: “Ambiente e compagni? Tutti positivi”
- Andrea B.
- 22 gen 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Oggi per la nostra intervista settimanale abbiamo con noi Matteo Zanni, membro del direttivo del Team Garda dagli albori nonché co-fondatore della squadra con il presidente Bordy.
Nulla da aggiungere se non l’invito a gustarvi quella che sarà probabilmente l’intervista più divertente che avete mai letto!
Ciao Matteo, benvenuto e grazie per il tuo prezioso tempo!
Silenzio…e io che dico “qui dovresti rispondermi in teoria”.
Di tempo non ne ho però visto che ogni tanto lavoro e non ho un cazzo da fare allora ve lo concedo.
Parlaci di te: di cosa ti occupi nella vita di tutti i giorni? Sei sposato, hai figli?
Tutti i giorni devo andare a lavorare anch’ io, pur non piacendomi fare le cose che fanno tutti gli altri, d’altronde ho provato a non andare a lavorare ma risulta un po’ difficile tirare avanti. Sono stato sposato e ho due splendidi bambini, Nicolò ed Enrico di 7 e 9 anni. Ora convivo con la mia Veri, la mia splendida compagna, con la quale condivido la vita quotidiana e la routine.
Quando faccio finta di lavorare aggiusto qualche condizionatore.
Come ti sei avvicinato alla bici e come sei entrato a far parte del nostro Team?
Alla bici mi sono avvicinato all’età di 7 anni, ero molto piccolo e giocavo a calcio, per caso ho visto in TV una Parigi-Roubaix e mi sono ripromesso che prima o poi l’avrei fatta anche io. La vera passione è poi esplosa verso i 19 anni girando su uno sterrato con un gruppo di amici pensando ancora all’obiettivo prefissatomi da piccolo, dopo 200 metri (giuro è successo) ho perso la sella, mi sono seduto secco e li è stato un colpo di fulmine.
Nel nostro Team sono entrato tramite Bordy: un giorno ero ad una Granfondo a Verona, mi pare la Cunego, ho visto quello che poi sarebbe diventato il nostro presidente lì seduto sul baule dell’ammiraglia che si spalmava di olio come le fighette, quelle che ballano sul palo, era più zoccola lui di quelle che si fanno pagare. Mi avvicino, lo guardo e gli faccio: “oh tu oggi vinci!!” e lui mi risponde “no impossibile, perché non riesco a vincere” e io “ti ho detto che oggi vinci, però se vinci poi mi dai il numero con l’autografo per i miei bambini” e lui non mi ha considerato molto.
Io ho fatto il percorso medio, l’ho aspettato al traguardo e, come avevo previsto, ha vinto.
Poi ho scoperto che Mimmo (Romano) lo aveva lasciato vincere… (ovviamente Matteo scherza, ma lui quando scherza è estremamente serio perciò è impossibile capire la differenza).
Da quella volta siamo diventati grandi amici e dove vinceva io c’ero, non a dargli una mano ma ad aspettarlo al traguardo.
Che ambiente hai trovato e come sono i tuoi compagni?
L’ambiente positivo, nel senso che quando si esce nessuno ha avuto il tempo di allenarsi, nessuno ha chilometri nelle gambe, nessuno è in forma, poi…reattori umani. Quindi proprio un ambiente positivo, tutti positivi, non so a cosa ma molto positivi, speriamo che l’intervista non la legga l’antidoping zio can (cit.).
Che ciclista sei? Quali sono le tue caratteristiche?
Io sono un passista…sì decisamente un passista: in 20 anni di gare ho visto passarmi davanti chiunque peggio del giro d’Italia. Nel 2015 ho fatto la cazzata della mia carriera ciclistica, mi sono iscritto alla Gavia-Mortirolo, pensa che avevo 3 o 4 kg in più perché mi sono detto “mi serviranno come scorta”, quel giorno è stata la mia gara migliore come passista: li ho visto passarmi davanti tutti, ma proprio tutti. Io sono arrivato con il carro scopa, ma davanti (eh eh ridacchia). Il Bordy era arrivato davanti e l’aveva vinta! Ovviamente al mio arrivo la festa era già finita ma io ero felicissimo per la vittoria del mio amico, valeva la pena di esserci solo per quello.

Dove ti senti più forte e dove pensi di dover migliorare?
Ogni anno mi sento più forte a tavola e spero di migliorare a letto.
La bici mi serve per allenare il cuore per il letto e per bruciare quello che mangio a tavola.
Due pregi e due difetti giù dalla bicicletta.
Un pregio è che ogni tanto ci salgo (in bici) e non me la prendo mai…di solito me la danno.
Il difetto è che quando scendo dalla bici è come se non ci fossi mai salito e l’altro difetto è che ho conosciuto il Bordy, che più che un difetto è un problema.
Di te in squadra si dice che… cosa si dice di te in squadra?
Endoe el finit chel là? (dove è finito quello là?)
Scherzi a parte di te in squadra si dice che sei quello che fa ridere tutti, cosa ne pensi?
Diciamo che io in squadra servo a stemperare la tensione, vado bene in griglia. Quando ci sono io in griglia sono tutti più rilassati e sereni prima della partenza. Ovviamente poi quando iniziamo a fare la loro gara si impegnano per ottenere i loro migliori risultati e tornare a casa soddisfatti.
Com’è andata la stagione scorsa giù dalla bici visto che non hai corso, ma sei soddisfatto dei risultati dei tuoi compagni e della tua squadra, perché anche giù dalla bici sei parte del team?
Posso dire che è stata una bellissima stagione per tutti, anche se qualcuno ha avuto qualche problema. Mi sento comunque di affermare con certezza che, anche chi si è trovato in difficoltà, ha avuto nel gruppo chi gli ha dato una grande mano e supporto a livello morale. Non ho corso ma sono stato sempre presente, ci siamo visti e sentiti costantemente, questo ha fatto sì che sia stata una bella stagione.
Quest’anno vorrei vivere queste belle sensazioni sopra la bici, tornando a pedalare con i miei compagni.
Cosa fai nella stagione in cui non ci sono gare?
Quando non ci sono gare puoi trovarmi a fare la spesa o in giro con la mia Veri, la mattina quando suona la sveglia magari mi alzo anche io e lavoro.
La cosa che mi fa più riflettere nel periodo invernale è guardare il criceto di mio figlio, che, ogni volta che vuole, può salire sulla sua ruota e correre e non capisco se è più in gabbia lui o noi. Credo che in realtà non siamo mai veramente liberi di fare quello che vogliamo e, guardando quel piccolo animaletto, rifletto sul valore e sul significato che può avere la bicicletta: essere e sentirsi liberi di esplorare i propri limiti, senza mai tirare i freni e senza voltarsi indietro.
Credo che il pedalare sia il perfetto movimento che ci permette di assaporare la libertà che la vita ci ha dato, che si tratti di 100 km o 500 metri. Sono convinto che valga sempre la pena salire su una bici!
Cosa ti aspetti dalla stagione che verrà?
Mi aspetto che tutti i miei compagni possano pedalare sereni, mentalmente tranquilli e consapevoli che oggi ci siamo e domani pure, e che se Maometto non va alla montagna...si vede che non aveva voglia.
Qual è il tuo motto? Dicci qualcosa che ci aiuti a comprendere il tuo modo di intendere lo sport e la vita.
Se non sono felice io non posso rendere felice nessuno e che la felicità è dietro l’angolo, ma il mondo è rotondo…
Ciao Matteo, grazie del tuo tempo (che hai detto che non hai ma che mi hai concesso comunque) e in bocca al lupo per la prossima stagione speriamo di vederti in bici!
Assolutamente sì, intanto ci vediamo a cena!
Francesca Saottini
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